Ercole e Ippolito a Villa D’Este

Villa d'Este

Ercole e Ippolito a Villa D’Este

Nella vostra visita guidata a Villa D’Este a Tivoli vi renderete conto che in ogni sala del Palazzo, angolo o fontana del Giardino compaiono elementi simbolici basati sulla mitologia classica. Il proprietario della villa, il cardinale Ippolito D’Este II, dedica i giardini ai due eroi Ercole e Ippolito.

Egli si riconosce in questi due protagonisti della mitologia classica avendo la castità, virtù che rese famoso Ippolito, di cui il cardinale condivideva anche il nome, e la capacità di grandi e faticose imprese come Ercole. Secondo la leggenda Ippolito era il figlio di Teseo e della regina delle amazzoni Ippolita. Era un giovane dedito agli studi e alla caccia che rifiutò le attenzioni di Afrodite in favore di quelle di Artemide.

Per vendetta la dea fece sì che la sua matrigna, Fedra, si innamorasse di lui, sapendo che Ippolito l’avrebbe respinta. Fedra si uccise ma non senza aver scritto una lettera di addio, indirizzata al marito Teseo, in cui incolpava il giovane del suo suicidio in seguito ad una violenza carnale.

Ippolito era vincolato da un giuramento a non menzionare l’amore di Fedra per lui e nobilmente si rifiutò di difendersi nonostante le conseguenze. Teseo, fuorviato dalla lettera, maledisse il figlio e chiese a Poseidone di vendicare la sua defunta sposa. Ippolito venne così abbattuto da un toro mandato dal mare che mandò nel panico i cavalli della sua biga e distrusse il veicolo. Artemide lo fece tornare in vita e gli restituì l’onore.

Da allora Ippolito visse nella selva di Ariccia, sotto il nome di Virbio, ovvero “due volte uomo”. Sicuramente più nota è la figura di Ercole. Figlio di Giove e Alcmena, dimostrò sin dalla nascita la sua forza straordinaria. Era ancora nella culla quando uccise con le piccole manine due piccoli serpenti che stavano per dilaniarlo.

L’eroe è noto soprattutto per le Dodici fatiche e per numerosi azioni memorabili dove dimostra un’incredibile forza fisica coniugata alla rettitudine morale. Nell’arte viene raffigurato come un uomo possente, che impugna una clava coperto da una pelle di leone che lo rende invulnerabile. Il cardinale Ippolito si riconosceva nell’eroe per la titanica impresa di terrazzamento della valle Gaudente di Tivoli nella costruzione di villa D’Este. Il difficoltoso lavoro poteva essere equiparato a una delle dodici fatiche di Ercole. Inoltre l’undicesima fatica riguardò proprio un giardino, il giardino delle Esperidi.

Giardino di Villa d’Este

Nel Giardino cresceva un albero di pomi d’oro. Esso era custodito dal drago Ladone e dalle tre Esperidi, Egle, Erizia ed Esperaretusa, figlie del titano Atlante. Euristeo impose ad Eracle di consegnarli i pomi. Eracle così si offrì di reggere il cielo al posto di Atlante purché egli gli portasse i frutti. Atlante colse i tre pomi e tornò da Eracle, ma ora che aveva apprezzato la libertà dal dovere di sostenere il cielo, disse ad Eracle che non avrebbe più voluto riprenderlo.

Eracle decise così di usare l’astuzia: disse che, se avesse dovuto reggere il cielo per mille anni, si sarebbe dovuto sistemare meglio il carico sulle spalle e chiese quindi ad Atlante di reggergli il fardello per un momento. Egli ingenuamente accettò, lasciando a terra i pomi d’oro, cadendo nel tranello di Eracle il quale legò il titano e, una volta prese le mele, fulmineo corse a consegnarle a Euristeo.

Viene da pensare che il cardinale Ippolito II paragonasse il giardino di Villa D’Este a quello delle Esperidi. Ercole era inoltre il protettore della città di Tivoli e del casato D’Este.

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