Il giardino di Villa D’Este
Villa D’Este venne commissionata dal cardinale Ippolito d’Este, figlio di Lucrezia Borgia e Alfonso I Duca di Ferrara, nel 1550. I lavori proseguirono sotto il cardinale Alessandro d’Este e poi sotto il cardinale Rinaldo I. La villa restò proprietà degli Este fino al 1797 poi passò alla Casa Asburgo. Dal 1918 è proprietà dello Stato italiano e dal 1962 in consegna alla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici del Lazio.
La superficie della villa è di circa 4 ettari ma quando la visiterete, accompagnati dalle valenti guide turistiche del posto, vi sembrerà molto più grande, a causa di un effetto illusionistico appositamente ricercato. Gli ospiti accedevano alla villa dalla parte più bassa mediante un cancello posto sulla via Tiburtina. Il visitatore dunque, contrariamente a quanto si verifica oggi, saliva verso il Palazzo, che domina il giardino. Si aveva in questo modo una visione stupefacente del palazzo posto in alto ed in linea con il cancello.
La vostra impressione invece sarà diversa, sia perché il nuovo ingresso è in alto nei pressi della Chiesa di Santa Maria Maggiore, sia per la notevole altezza dei cipressi presenti nel giardino che creano un’ atmosfera romantica oscurando l’originale idea di razionalismo.
Il giardino rinascimentale presenta un aspetto geometrico, conservando la conformazione planimetrica dell’impianto cinquecentesco: un asse longitudinale centrale e cinque assi trasversali. Fu concepito come spazio completamente architettonico, cioè privo di spazi destinati alla coltivazione o alla caccia o a boschi. Durante la passeggiata incontreremo numerose fontane, giochi d’acqua, cascatelle, piccole grotte. Le nostre guide turistiche vi indicheranno scale e viali che offrono la possibilità di variare il percorso di salita o discesa. Ogni angolo è carico di simbolismo. Vi saranno mostrati i principali simboli sul quale è incentrato il giardino.
Come noterete, domina il tema delle fatiche di Ercole, caro agli Este e alla figura del cardinale, è anche presente il paragone con gli orti delle mele d’oro delle Esperidi, che figuravano nel casato D’Este. Visitando le grotte di Venere e Diana vi accorgerete della contrapposizione del tema del Vizio e della Virtù.
La prima dea è infatti il simbolo di piaceri, l’altra invece di virtù e castità. Chiari riferimenti sono anche al territorio tiburtino e quindi alla Sibilla e ai tre fiumi tiburtini quali l’Aniene, l’Albuneo e l’Ercolano.
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